Nel 1989 due scienziati,Fleishman e Pons,diedero per primi l’annuncio di un esperimento sulla fusione fredda riuscito in modo positivo. La comunità scientifica internazionale non accolse in modo positivo i loro studi. Ora il giapponese Arata ha ripetuto l’esperimento con enorme successo riaprendo così la discussione sulla Cold Fusion.
Che cos’è la fusione fredda ? E’ la possibilità di ottenere un’enorme quantità di energia utilizzando il palladio.La quantità di energia che verrebbe prodotta sarebbe spettacolosa. Essa infatti,secondo i calcoli presentati da due scienziati del 1989, potrebbe essere 200 volte superiore a quella che era presente nei materiali di inizio. Questi due scienziati erano Fleishman e Pons.In quell’anno i due scienziati presentarono i loro risultati a tutto il mondo accademico,ed anche al grande pubblico. La quantità di energia che secondo i due era stata prodotta nell’esperimento era veramente eccezionale. Inoltre, anche se serviva come elemento il palladio per produrla, esso non era prezioso come l’oro. Nel nostro pianeta l’oro è prezioso, ma il palladio meno,perché ne esiste una quantità cinque volte superiore all’oro. Era dunque una reazione costosa, ma ben proponibile, dato che l’energia prodotta era di quantità vastissima. Ed inoltre non si creavano scorie radioattive, che in genere,quando vengono invece prodotte, generano problemi di smaltimento. Ma nell’esperimento di Fleishman e Pons le scorie non erano previste, e questo terribile problema non si sarebbe posto. “Meraviglioso !” dirà il lettore. “Ma purtroppo si diffuse scetticismo,nel 1989, da parte di una grossa frazione della comunità scientifica.” rispondo io. E prevenendo tutte le eventuali domande del lettore, lo rassicuro dicendogli che non è stata la prima volta che la comunità degli scienziati ha steso un’ombra di dubbio su delle idee che poi in futuro sono state accettate. Le persone che avevano tirato fuori quelle idee per prime sono finite in un tranquillo dimenticatoio,senza particolari premi né riconoscimenti. Fortunatamente c’è sempre stato qualcuno che in seguito ha portato fuori dalle sabbie dell’oblio la loro bella mente e la loro serena genialità. Ma torniamo ora al Professor Arata. Il 22 maggio del 2008 la fusione fredda ha funzionato in modo corretto. Il merito è stato di Yoshiaki Arata. Il Professor Arata ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca scientifica. Ha 85 anni. Nel giorno 22 maggio, nell’Università di Osaka in Giappone, alle 19,30 (ora locale) si è svolto un esperimento aperto ad un pubblico di esperti e di pochissimi giornalisti. Il Professor Arata ed i suoi collaboratori hanno cambiato tutto il modo di pensare dei Fisici Nucleari.
In cosa è consistito questo clamoroso esperimento? La prova è stata compiuta inserendo in un contenitore d’acciaio riempito di deuterio gassoso alcune nanoparticelle di una lega al palladio. E’ opportuno rammentare che il deuterio è un isotopo dell’idrogeno,cioè un elemento che dispone di una conformazione molecolare molto simile all’idrogeno. E per capire meglio le dimensioni delle nanoparticelle della lega al palladio, è opportuno mettere in luce che una nanoparticella della lega in questione è un miliardesimo di grammo. Quindi delle particelle davvero submicroscopiche. Il Professore, inserite le particelle, ha osservato le reazioni termiche. Ed ha poi calcolato che il calore sprigionato era di 100 volte piu’ forte che non se si fosse utilizzato l’idrogeno. L’energia sprigionata ha azionato un piccolo motore termico,il quale ha messo in moto, a scopo dimostrativo, un ventilatore. Per avere una controprova, al motore termico è stato anche allacciato un piccolo alternatore che ha acceso dei Led. Il Led è una luce fredda, che attualmente è di gran moda anche nelle torce elettriche portatili. L’accensione dei Led ha reso ancora più spettacolare l’ottima riuscita dell’esperimento. Alla fine dell’esperimento il Professor Arata ha riscaldato le nanoparticelle della lega al palladio per poter analizzare il gas rimasto intrappolato all’interno.Vi ricordate che eravamo partiti,all’inizio dell’esperimento,da un contenitore riempito di deuterio gassoso ? E abbiamo anche detto che il deuterio è un isotopo dell’idrogeno. Dall’analisi di questo gas,si è visto però che si trattava non piu’ di Deuterio,né di Idrogeno,ma di Elio-4. L’Elio è un altro tipo di gas completamente differente dall’Idrogeno. Viene usato in genere nelle mongolfiere. E l’Elio-4 ha poi delle caratteristiche del tutto speciali. Era la prova che un elemento si era trasformato in un altro. Il Deuterio si era trasformato,a freddo,in un altro elemento : l’Elio-4.Al termine dell’esperimento,utilizzando complessivamente 7 grammi della lega al palladio, sono stati prodotti oltre 100 k-joule di energia. Questa reazione è cento volte più intensa di qualunque reazione chimica nota. Forse non è di 200 volte piu’ forte dell’energia iniziale,come nell’esperimento di Fleishman e Pons, ma è comunque un risultato magnifico. Alla fine dell’esperimento compiuto ad Osaka, il pubblico riunito ha deciso di chiamare l’insieme di queste reazioni fisiche così: “Arata phenomena”. La decisione ha suscitato una lieve commozione nel Professore, che ha ringraziato con un solenne inchino. Come ha confermato Francesco Celani, Ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), è stato compiuto un grande passo nella ricerca scientifica. “Si apre infatti una nuova possibilità – ha spiegato Celani ai giornalisti – perché in questo modo non vengono prodotti elementi radioattivi.”
CHE FINE HA FATTO LA FUSIONE FREDDA IN ITALIA
Sono trascorsi molti anni, più di quindici, dall’annuncio della scoperta della fusione fredda da parte dei due elettrochimici dell’Università dell’Utah, Martin Fleishmann e Stanley Pons.
Il lavoro di studio e di ricerca, fino ad ora condotto in questo settore, ha consentito da un lato di identificare le line di attività che hanno prodotto i risultati più consistenti e più interessanti dal punto di vista scientifico, dall’altro di scartare quelle linee di ricerca che hanno prodotto risultati non affidabili dal punto di vista statistico. Gli studi, sia teorici che sperimentali, condotti nel campo della scienza dei materiali hanno consentito di accrescere il controllo sul fenomeno e di creare le premesse per una sua completa comprensione. Su questo specifico tema cresce l’attenzione a livello di Istituzioni: finanziamenti specifici sono stati stanziati in Italia dal Ministero per lo Sviluppo Economico (ex Ministero per le Attività Produttive). Anche negli Stati Uniti d’America è in corso un processo di revisione del fenomeno, con fondi di Agenzie governative e con ampio spazio dedicato alla scienza dei materiali. Gli incoraggianti risultati fino ad ora ottenuti in questo ambito creano una premessa solida affinché il percorso intrapreso secondo questo indirizzo di ricerca continui nel futuro, in un contesto costituito dai più prestigiosi Istituti di ricerca del mondo, con tutto il necessario supporto.
È uno scenario nuovo, ben diverso da quello iniziale; ne abbiamo parlato con uno dei più noti ricercatori a livello internazionale impegnati nella fusione fredda ed in particolare nel campo della scienza dei materiali, Vittorio Violante, del Centro Ricerche ENEA di Frascati.
“Tutto inizia con gran clamore nel 1989 quando, in seguito ad alcuni esperimenti dei chimici Stanley Pons e Martin Fleischmann, la fusione fredda fu prospettata come una fonte di energia semplice, economica, abbondante e ambientalmente compatibile. Bastarono pochi anni e dalle stelle si passò alle stalle: era stato preso un grossolano abbaglio, singolare esempio di una scienza spettacolo senza fondamento; non solo, perché quanti continuarono ad occuparsi di ricerca sulla fusione fredda, lo fecero consapevoli di mettere a rischio la propria reputazione scientifica. Ancora oggi alcuni media continuano a prospettare la fusione fredda come grande speranza energetica, ventilando l’ipotesi del complotto da parte dell’establishment energetico internazionale, per boicottare una fonte cosiddetta ‘free energy’.
Che la partita sia aperta, lo dimostra il fatto che grandi industrie e gruppi privati - Mitsubishi (Giappone), EDF (Francia), Energetics (USA), Pirelli Labs (Italia) - stanno investendo discrete risorse in ricerca nel settore e numerosi laboratori di ricerca in diversi Paesi (in Italia l’ENEA, l’INFN ed altri) continuano silenziosamente a lavorare.
Qual è il motivo di un tale ribaltamento?
“Le fortissime contestazioni sono nate, perché all’inizio chi provò a ripetere l’esperimento di Fleischmann e Pons, otteneva risultati molto contrastanti. Il Department of Energy (DOE) degli Stati Uniti mise sotto osservazione la materia e alcuni laboratori di vari Paesi che provarono a ripetere l’esperimento non riuscirono a replicare quello che i due chimici dichiaravano di aver ottenuto. Poiché la riproducibilità è un fattore essenziale per la definizione di un fenomeno scientifico, la fusione fredda fu in qualche modo considerata ‘cattiva scienza’, venendo di fatto abbandonata dalla maggior parte di ricercatori e laboratori. Pochissimi continuarono ad effettuare ricerche”.
Oggi, dopo 15 anni, il fenomeno può considerarsi ancora non riproducibile e, quindi, in qualche modo casuale?
“Gli sperimenti hanno messo in evidenza che l’eccesso di potenza si manifesta, a volte anche con una notevole vivacità. La riproducibilità del fenomeno è comunque superiore a quella che si riusciva ad ottenere solo alcuni anni or sono. L’Istituto Californiano SRI International e la IMRA Japan osservarono che si trattava di un fenomeno ‘a soglia’, vale a dire che l’eccesso di potenza si innesca solo se si raggiunge un livello di concentrazione di deuterio (ovvero di quantità di atomi di deuterio) all’interno del reticolo di palladio non inferiore ad un certo valore. Partendo da questa osservazione, personalmente ho dedicato buona parte della mia attività scientifica a cercare di comprendere come mai, a parità di condizioni di lavoro, un materiale come il palladio, apparentemente sempre uguale, talvolta assorbe più idrogeno e a volte ne assorbe di meno. Questo studio è durato diversi anni e alla fine, identificati alcuni aspetti termodinamici e di cinetica diffusionale, qui all’ENEA siamo riusciti a creare e brevettare una tipologia di questo metallo e un processo per realizzarlo, che consente di riprodurre in modo affidabile la soglia di concentrazione necessaria all’innescarsi del fenomeno”.
Quindi siete riusciti a consentire la famosa riproducibilità?
“Più precisamente siamo riusciti a creare, in sistemi elettrolitici del tipo deuterio-palladio, un’affidabile riproducibilità della soglia critica di caricamento. Abbiamo fornito i nostri materiali anche ad altri gruppi ricerca, in modo da mettere anche altri laboratori in condizioni di osservare il fenomeno di eccesso di potenza, migliorando la probabilità di successo. Certo, non è ancora una vera e propria riproducibilità controllata: ad esempio stiamo ancora lavorando sul controllo dello start-up del fenomeno, che a tutt’oggi non siamo in grado di far partire a comando. Abbiamo però creato i presupposti affinché, entro un determinato tempo, il fenomeno si manifesti con una certa probabilità. Si tratta insomma di un’importante situazione di miglioramento e 'trasferimento’ della riproducibilità, totalmente assente all’inizio della ricerca nel 1989”.
A che punto siete quindi?
“A cambiare le carte in tavola è stato l’evento scientifico dell’agosto 2003, la Conferenza internazionale sulla fusione fredda tenutasi a Boston. Io e altri ricercatori di istituti stranieri, tra questi alcuni che avevano utilizzato i materiali messi a punto dall’ENEA, presentammo i risultati positivi, che convinsero alcuni accademici americani a sottoporre nuovamente la questione al DOE, affinché svolgesse nuove verifiche. Di fatto fu effettuata un’ampia analisi dei dati disponibili in letteratura, in seguito alla quale fu proposto un confronto dal vivo con alcuni esperti. Confronto che si è tenuto nell’agosto 2004 a Washington, dove 5 scienziati americani e uno proveniente da un Istituto europeo - io - hanno discusso davanti ad una commissione di qualificati referee le ricerche effettuate e i risultati ottenuti. Dopo alcuni mesi di valutazione, il DOE ha emesso il verdetto:un significativo numero di referee riteneva che il fenomeno era da considerarsi un effetto reale, non frutto di fantasia o di cattive misure, e che la materia meritava di essere studiata né più né meno come altre materie scientifiche”. Inoltre nel documento conclusivo del DOE si sostiene che uno dei campi nei quali occorre concentrare gli studi è proprio la scienza dei materiali.
Insomma un ripensamento, nel quale il DOE ha ammesso lo sbaglio del passato?
“Non proprio, piuttosto l’approvazione di un processo di revisione. Ossia la presa d’atto che la situazione è oggi diversa da quella iniziale del 1989, e che il lavoro fatto nei quindici anni successivi dai vari laboratori di ricerca, come quello dell’ENEA, ha cambiato i termini della questione”.
L’ENEA, grazie al lavoro svolto nel campo della scienza dei materiali, ha avuto un ruolo fondamentale in quanto non solo ha ottenuto risultati ragionevolmente riproducibili e con segnali inoppugnabili, ma ha contribuito utilmente affinché anche altri Istituti ottenessero risultati simili.
Quali sono i Paesi più attivi nella ricerca sulla fusione fredda?
“Oltre all’Italia, con l’ENEA, l’INFN e alcuni istituti universitari tra cui il Dipartimento “Energetica” dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma con cui collaboriamo intensamente, c’è una discreta attività in USA, Francia, Giappone, Russia e Cina. Il nostro Paese è peraltro ben collocato e le nostre ricerche sono molto apprezzate all’estero”.
Tornando al fenomeno, ora c’è concordanza sulla sua origine? Si può certamente parlare di fusione nucleare o ci sono ancora dubbi, ad esempio per possibili processi di tipo chimico?
“Sulla base della scienza nota, in base alle misurazioni calorimetriche, è difficile spiegare i fenomeni che registriamo come effetti chimici. Mi spiego. Una misura calorimetrica consiste nel bilancio tra la potenza che viene immessa dall’esterno nel sistema e quella che il sistema emette. Quando nei nostri esperimenti si manifesta l’eccesso di potenza (in uscita maggiore di quella in ingresso), il guadagno di energia che ne deriva è tale che se fosse ridistribuito su tutte le particelle presenti nel sistema dell’elettrodo (atomi di metallo più atomi di deuterio) darebbe luogo ad una quantità di energia per atomo da 10 a 100 volte maggiore della massima energia associabile ad un legame chimico. Se accettassimo l’idea che la natura del fenomeno è chimica dovremmo sostenere che nei nostri ‘elettrodi’ hanno luogo reazioni ottenute con elementi che hanno legami chimici da decine o centinaia di elettronvolt al momento non noti; si tratta quindi di fenomeni di altra natura che, sulla base delle nostre conoscenze, possono solo essere di natura nucleare. Inoltre occorre sottolineare che, con riferimento al palladio, gli eccessi di potenza si ottengono solo con il deuterio e non con l’idrogeno; altro indizio, questo, che identifica il fenomeno di natura nucleare associabile ad un processo di fusione, che procede con modalità diverse rispetto a quanto avviene nei plasmi. In definitiva in questo tipo di esperimento dobbiamo attenderci, come firma dell’avvenuto processo nucleare, un aumento della concentrazione (quantità) di elio molto al disopra di quelli che sono i valori naturali rivelabili nell’aria che ci circonda. Alcune misure, anche se preliminari, effettuate in Istituti tra i quali la Divisione Energia dell’Sri e dal mio Laboratorio in ENEA, hanno fatto osservare che, in concomitanza con il fenomeno della produzione di potenza, si registra un aumento della concentrazione di elio (in celle sperimentali perfettamente sigillate e realizzate con tecnologia da alto vuoto) rispetto ai valori ambientali e in quantità consistenti con l’eccesso di energia prodotta. Anche queste misure di elio e la correlazione con l’energia prodotta furono presentate da noi e dall’Sri ai referee del DOE nel 2004. Questi ed altri risultati presentati da colleghi statunitensi furono tenuti in conto nella stesura del documento finale del DOE ove viene esplicitamente detto che un altro settore in cui è opportuno concentrare l’attività di ricerca è proprio quello della ricerca delle ceneri nucleari. Si pensa così che il processo sia riconducibile ad una fusione tra nuclei di deuterio con produzione di calore ed elio, senza emissione di radiazioni”.
E ora? Dove si sta indirizzando la ricerca?
“Dopo l’accertamento del DOE, è iniziato un processo di revisione che si articola in due fasi: la prima, di ‘definizione’, in via di completamento, si basa sull’utilizzo degli elettrodi che produciamo qui all’ENEA di Frascati, perché sono quelli che hanno fornito un livello di riproducibilità accettabile e livelli di segnale inequivocabili. Il Laboratorio americano che è stato incaricato di effettuare la prima fase di revisione, l’Sri, ad esempio, utilizza i nostri elettrodi e il sistema calorimetrico della Energetics. Una seconda fase del processo di revisione appunto, è prevista nel caso in cui vengano raggiunti gli obiettivi fissati per la prima”.
Dopo la prima fase si potrebbe cominciare a pensare ad applicazioni di qualche tipo, ad esempio per la produzione di energia?
“No, guardi, non è proprio il caso di parlare di applicazioni energetiche o d’altro tipo. Siamo ancora in una fase di ricerca fondamentale e non c’è davvero la possibilità di esprimersi non dico su ipotetiche applicazioni, ma nemmeno sulla possibilità di studi di natura tecnologica senza aver prima definito la fisica del sistema. Un ingegnere che fa un progetto tecnologico, anche molto sperimentale, ma che lasci sperare in possibili sviluppi, ha bisogno di equazioni matematiche che possono essere elaborate solo quando tutto il processo fisico è completamente compreso e definito. Stiamo muovendo i primi passi proprio per ricostruire, definire e comprendere lo scenario di fronte al quale ci troviamo. Poi non sappiamo se potranno esserci applicazioni di qualche genere, ma è già una cosa molto importante avere la certezza dell’esistenza di un fenomeno come quello della fusione fredda e poter dire che stiamo cominciando a definirlo”.
Riflessioni
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La reazione era ottenuta da un comune componente della normale acqua, molto abbondante e facile da estrarre. -
La reazione produceva elio in forma gassosa e calore in eccesso. -
Nessuna radiazione, ovvero, nessun combustibile o scarto tossico e radioattivo per l’ambiente e gli esseri viventi. Una caratteristica che rendeva istantaneamente obsoleti e inutili le centrali nucleari e tutte le ricerche sulla condotte sulla fissione e sulla fusione calda. -
Fusione Fredda che Scotta (II parte)
Fusione Fredda che Scotta (I parte)
Dall’Iraq continuano ad arrivare una valanga di notizie che vengono ignorate dagli organi di stampa sullo stillicidio di docenti, professori e scienziati irakeni che vengono uccisi in apparenti tentativi di sequestro e rapina. Fino ad ora sono alcune centinaia, una vera guerra nell’ombra all’intellighenzia di quel paese per privarlo dei suoi maggiori esponenti della cultura e della scienza.
Da noi in occidente non è che le cose vadano molto meglio. Vi ricordate la dozzina di scienziati britannici assassinati misteriosamente alcuni anni fa? O il “suicidio” del fisico che aveva denunciato alla BBC l’inesistenza delle armi di distruzione di massa in Iraq?
Anche in queste ore la notizia del barbaro assassinio di Eugen Mallove, avvenuto nel Connecticut, ha rapidamente fatto il giro degli Stati Uniti e del mondo.
Durante il programma radiofonico di Art Bell, l’ospite Richard Hoagland è rimasto letteralmente scioccato e ha voluto chiamare la polizia di Norwich convinto che si trattasse di una falsa notizia. Dopo la tragica conferma Hoagland ha ricordato il lavoro di Mallove sulla Fusione Fredda sottolineando come questo crimine sia avvenuto alla vigilia di grandi annunci.
Da oltre quindici anni l’attività di Mallove era dedicata esclusivamente alla diffusione di studi e ricerche sulla Free Energy. La sua professionalità, non tanto come giornalista che si occupava di scienza ma soprattutto come scienziato che si occupava di informazione, gli consentiva di capire esattamente la potenzialità di alcune tematiche, di individuarne le applicazioni nella società e di identificare facilmente i detrattori e le false informazioni diffuse dalla cosiddetta “scienza ufficiale”.
Ricostruendo la storia della Fusione Fredda fin dal primo esperimento di Martin Fleischmann e Stanley Pons, avvenuto all’università di Salt Lake City nel 1989, non possiamo dimenticare che:
- Nel 1991 l’allora Presidente degli USA George Bush, per dare un taglio alle polemiche nate in seguito all’esperimento, incaricò l’MIT di replicare le prove e di compilare un rapporto.
- Il rapporto finale che arrivò sulla scrivania del Presidente, compilato e firmato del rettore dell’MIT John Deutch, concludeva “provando” che la reazione nucleare era soltanto una “frode”, screditando i molti scienziati che si erano interessati alle ricerche e sottolineando che “non fu ottenuta assolutamente nessuna reazione”. Ovvero la più grande frode scientifica degli ultimi secoli.
Eugene Mallove
- Ma ci fu un problema, il nostro Eugene Mallove, con il suo formidabile fiuto di vecchio volpone dell’MIT, riuscì ad ottenere una copia degli appunti di laboratorio originali degli esperimenti eseguiti.
I dati dimostravano la frode ma quella contro l’intera umanità.
Veniva confermato che:
Gli esperimenti condotti dall’MIT dimostravano che la Fusione Fredda era in grado di eliminare il fabbisogno sociale degli idrocarburi per la produzione di energia.
Ma il professor Deutch dichiarò al Presidente Bush che si trattava soltanto di una semplice frode!
Nel maggio 1995 grande SORPRESA, il neo Presidente Clinton nominò il professor John Deutch Direttore della Central Intelligence Agency, la CIA!
Ma nel 1996 la comunità dell’intelligence statunitense si rese conto che erano in atto pesanti fughe d’informazioni sensibili, di elevato livello di sicurezza. Una commissione guidata da un ispettore generale con pieni poteri iniziò le sue indagini.
Venne scoperta una realtà tremenda, in seguito ammessa da Deutch, il direttore si portava a casa un’enormità di materiali sensibili che analizzava con i suoi personal computer connessi con la rete della Citibank di cui era uno dei dirigenti.
Nonostante le indagini dimostrarono che con quei computer furono scambi messaggi email con la Russia ed Israele ed effettuati accessi a numerosi siti pornografici, a John Deutch non venne tolto il nulla-osta di sicurezza industriale del Pentagono.
Fu costretto a dimettersi da direttore della CIA il 15 dicembre 1996 e ritornò professore all’MIT e consulente delle industrie di armamenti Raytheon Corp., SAIC e altre.
Il suo comportamento ai vertici del Governo statunitense diede origine ad un’azione giudiziaria che avrebbe potuto portare all’incriminazione per alto tradimento.
Niente paura! Il giorno prima di rimettere il suo mandato il buon Clinton concesse a Deutch e ad altre 99 persone il Perdono Presidenziale. Tutto finito. Tutto Pulito. Si ricomincia.
Come abbiamo visto, Eugene Mallove aveva scoperto che i dati sperimentali dimostravano che quanto dichiarato al Presidente George Bush dal rettore dell’MIT John Deutch fosse completamente falso. E come quest’ultimo bugiardone, nominato da Bill Clinton direttore della CIA, avesse perso l’importante incarico a causa di una grave fuga di notizie riservate. I suoi computer di casa erano stati trovati zeppi di documenti interni della CIA, con tracce di scambi di messaggi con Israele, con la Russia oltre che un’infinità di accessi a siti porno. Segaiolo oltre che bugiardo il nostro campione della scienza.
Va ricordato che durante il suo incarico Deutch (nato in Belgio nel 1938) ebbe un duro scontro con il New York Times a proposito delle rivelazioni sull’organizzazione da parte delle CIA del traffico di cocaina e crack nell’area di Los Angeles negli anni ’80.
Rientrato al MIT come professore Deutch ha mantenuto gli incarichi di consulente di grandi multinazionali tra le quali Raytheon (armamenti), Perkin-Elmer, Schlumberger (farmaceutici), SAIC e Citibank.
La stessa Citibank ora sotto inchiesta per gigantesche attività internazionali di riciclaggio di denaro sporco e per aver speculato sui pacchetti azionari della American Airlines e United Airlines ben una settimana prima del tragico 11 settembre 2001. Che combinazione, proprio mentre il professor Deutch sedeva nel consiglio di amministrazione del gigante bancario.
Niente paura, il 14 ottobre 2003 la Commissione del Congresso USA sugli Attacchi Terroristici del 11 settembre invita proprio John Deutch a fornire i suoi preziosi suggerimenti di grande esperto per una efficace riorganizzazione dell’intero apparato d’intelligence statunitense. Staremo a vedere i risultati.
Intanto oltre che il fronte irakeno si sta scaldando anche quello della Fusione Fredda e le ultime settimane sono state dense di avvenimenti.
Nel "The 2004 Cold Fusion Report", un rapporto di 54 pagine al Dipartimento dell’Energia USA costato quattro anni di lavoro e l’analisi di oltre 3.000 documenti di ricerca ai due incaricati Steven Krivit e Nadine Winocur, viene dimostrato in modo inequivocabile che:
Oltre 150 scienziati di tutto il mondo, compresi 60 fisici, sostengono, dati alla mano come la FF sia una reazione nucleare a bassa temperatura verificabile, riproducibile e priva di radiazioni nocive o di scorie nucleari.
Il rapporto al DOE, secondo Kenneth Chang del New York Times: “Porta i seguaci della FF agli apici della vendetta, dopo anni di ridicoli rifiuti.”
Il numero di aprile di Physics Today racconta come il Dipartimento per l’Energia USA abbia deciso di rivedere le ricerche sulla fusione fredda degli ultimi quindici anni.
James Corey, dirigente dell’unità tecnologica dei Sandia National Laboratories del governo degli Stati Uniti, sostiene “E’ in arrivo in ritardo una rivoluzione della scienza, e la reputazione degli scienziati della FF e di quelli che l’hanno ingiuriata sarà capovolta.”
Sharon Begley, esperto di scienze del Wall Street Journal sottolinea come la Fusione Fredda può essere considerata una “scienza patologica” non per mancanza di evidenze, ma perché gli scienziati che avrebbero dovuto analizzarla non erano disposti nemmeno a considerarla o a discuterla.
E’ facile che questa “scienza patologica” sia potuta evolversi in paranoica e nel tentativo di arginare l’ondata incontrollabile del progresso pulito uno dei primi a cui farla pagare sia stato proprio quell’Eugene Mallove che con la sua attività aveva mantenuta accesa la fiaccola della speranza.
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